Il disturbo ADHD
Il Disturbo ADHD o disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo che include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività motoria.
Perché ci sia una diagnosi i sintomi devono essere presenti prima dei 12 anni di età e devono causare una compromissione nel funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo.
Tipologie di ADHD
Nel DSM-V vengono classificati diversi tipi di ADHD in base alle caratteristiche dei sintomi mostrati:
- manifestazione con disattenzione predominante; se negli ultimi 6 mesi è presente il criterio di disattenzione ma non quello di iperattività-impulsività;
- manifestazione con iperattività-impulsività predominanti; se negli ultimi 6 mesi è presente il criterio di iperattività-impulsività ma non quello di disattenzione.
- manifestazione combinata; se sono presenti negli ultimi 6 mesi sia il criterio di disattenzione che quello di iperattività-impulsività.
Nel manuale si specifica inoltre se in remissione parziale, cioè quando i sintomi comportano solo compromissioni minori del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo; e se le manifestazioni sono di entità lieve, moderata o grave, ovvero quando sono presenti altri sintomi oltre a quelli richiesti e se questi causano una marcata compromissione del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo.
Trattamento ADHD nell’infanzia
La pianificazione dell’intervento nei soggetti con ADHD dovrebbe coinvolgere sempre sia l’ambito famigliare che scolastico, e considerare le implicazioni psicologiche, comportamentali ed educative del problema diversificandosi, di conseguenza, in base all’età.
Parent Traning
In età prescolare, l’intervento che è risultato essere più appropriato è il Parent Tranining. Esso consiste in un insieme di strategie mirate che hanno lo scopo di modificare l’ambiente circostante del bambino sia a livello fisico che relazionale.
In età scolare, indicativamente fino alla terza classe della scuola primaria, l’intervento rimane lo stesso ma cambia la modalità: non sarà più effettuato in maniera individuale ma di gruppo e, ad esso, sarebbe auspicabile affiancare sessioni di Teacher Training rivolto ad operatori scolastici.
Disturbo ADHD e terapia
Dopo la terza classe della scuola primaria, oltre al lavoro fatto in ambito familiare e scolastico, l’intervento dovrebbe prevedere un’integrazione diretta con il paziente per fornire un supporto nelle competenze autoregolative in particolare quelle attentive, comportamentali e sociali; solo in seguito a tale rinforzo è possibile intervenire anche sulla gestione delle emozioni.
Durante l’adolescenza si discrimina in base alla gravità dei sintomi: per le situazioni medio-gravi è previsto l’intervento con paziente e genitore, mentre nelle situazioni severe è previsto un approccio multimodale con la consulenza neuropsichiatrica per la prescrizione del farmaco.
Dalle ricerche effettuate è emerso che attività individuali, di tipo educativo e comportamentale, si sono rivelate efficaci dall’infanzia fino all’età di 15 anni mentre, nella stessa fascia di età, sono stati più deboli i risultati della terapia cognitivo comportamentale standard.
Interventi individuali psico-socio-educativi
È da sottolineare come dalle scuole medie in poi i trattamenti proposti a famiglie e insegnanti si fanno più diradati, se non assenti. Questo accade poiché i ragazzi tendono ad essere più indipendenti, il contesto scolastico e gli insegnanti cambiano, e forse la famiglia in tutto ciò ha meno peso da un punto di vista di regolazione comportamentale. È quindi necessario compensare con interventi individuali psico-socio-educativi che, data la maggiore maturazione cognitiva dei ragazzi stessi, possono ora essere applicati.
Adolescenti e disturbo ADHD
Diversi sono stati gli studi effettuati in tal senso, uno di questi è quello di Antshel e collaboratori (2012). Lo scopo era di confermare l’ipotesi che adolescenti con ADHD che ricevono un trattamento di terapia cognitivo comportamentale (CBT) possono avere una significativa riduzione dei sintomi e un miglioramento funzionale nei domini scolastici, sociali e familiari.
Terapia cognitivo comportamentale
Per verificarlo gli autori hanno sottoposto i ragazzi a 6 moduli terapeutici, alcuni dei quali prevedevano il coinvolgimento dei genitori, che consistevano in: sedute di psicoeducazione sul disturbo, training di abilità di pianificazione e organizzazione, sedute focalizzate sull’apprendimento di abilità per ridurre la distraibilità, sedute di ristrutturazione cognitiva CBT standard ed infine sessioni sulla riduzione della procrastinazione, comunicazione, gestione di rabbia e frustrazione.
Genitori e insegnanti hanno confermato l’efficacia del protocollo riguardo all’organizzazione del tempo a scuola ed una riduzione dei comportamenti esternalizzanti e sintomi attentivi. Nonostante i miglioramenti, tuttavia, i ragazzi non hanno comunque normalizzato il proprio comportamento, mantenendo la sintomatologia seppur ridotta.
Alti studi per il disturbo ADHA
Altri studi si sono rivelati efficaci nonostante non impiegassero tecniche di terapia cognitivo comportamentale. Spesso nella letteratura che riguarda i trattamenti non farmacologici per il disturbo ADHD si utilizza il termine ‘trattamento CBT’ per indicare trattamenti più di carattere psico-socio-educativo di apprendimento di nuove abilità o competenze.
Un esempio è lo studio di Boyer e colleghi (2014) che hanno proposto due trattamenti psico-socio-educativi: il primo per migliorare le abilità di pianificazione e organizzazione del tempo, mentre nel secondo gli adolescenti decidevano loro stessi il contenuto della seduta terapeutica. Entrambi gli interventi di pianificazione hanno dato dei risultati nonostante il non utilizzo di sedute di discussione o ristrutturazione dei pensieri caratteristiche dei trattamenti CBT.
Allo stesso modo si è evidenziato come interventi di Mindfulness e non di pianificazione, siano efficaci nella riduzione dei sintomi di ADHD, attraverso una facilitazione della regolazione emotiva.
Trattamento disturbo ADHD nell’adulto
Quando si parla di ADHD la maggior parte delle volte si fa riferimento alla gestione di bambini ponendo meno attenzione a che cosa succede quando gli stessi crescono. Le evidenze cliniche e scientifiche riportano come sia nell’adolescenza che nell’età adulta il disturbo permanga, con l’aggravarsi di atri disturbi concomitanti come il disturbo oppositivo-provocatorio e della condotta ma anche disturbi legati alla sfera ansioso-depressiva.
Trattamenti CBT
I primi tentativi di proporre un protocollo CBT misto a interventi socio-educativi sono stati realizzati con pazienti adulti ed hanno portato dei risultati promettenti. Gli obiettivi di questi protocolli erano molteplici e andavano dalla riduzione della sintomatologia, all’incremento delle competenze organizzative e di pianificazione, ad un contenimento dei sintomi ansioso depressivi.
Per capire perché gli interventi di CBT e socio-educativi vengano proposti agli adulti, dobbiamo prima chiarire i due modelli teoretici che sottostanno al disturbo:
- modello di inibizione della risposta di Barkley (1997): mette in relazione la difficoltà di inibizione di un comportamento nell’ADHD con le funzioni esecutive (ad es. la memoria di lavoro, il livello motivazionale in relazione al compito, quello di attivazione necessario per lo svolgimento delle consegne, il linguaggio interiore, la capacità di avvalersi dell’errore);
- modello a due vie di Sonuga-Barke (2002): secondo il quale il disturbo ADHD è il risultato del malfunzionamento di due sistemi neurobiologici, il sistema dopaminergico mesocorticale e il sistema mesolimbico. Attraverso il malfunzionamento del primo sistema si ottengono deficit di disregolazione di pensiero e azioni, con la risultante disfunzione dell’inibizione e delle funzioni esecutive, simile a quello di Barkley (1997). Il malfunzionamento del sistema mesolimbico, invece, porta a una disfunzione dei sistemi motivazionali legati al posticipo di azioni e comportamenti. Il disturbo ADHD è il risultato di entrambi i sistemi.
Training psico-socio-educativi
I training psico-socio-educativi si concentrano su questo secondo sistema in modo da ridurre i comportamenti di procrastinazione e migliorare il rinforzo di comportamenti funzionali.
La ristrutturazione cognitiva della CBT standard trova una spiegazione nella riduzione dell’impatto dei pensieri disfunzionali che procurano emozioni intense, che di fatto i pazienti con ADHD non regolano.
Sessioni di gruppo per il trattamento del disturbo ADHD
In uno dei primi lavori sono state proposte delle sedute di gruppo secondo l’intervento di skills training ideato per il Disturbo Borderline di Personalità, data l’alta comorbidità con ADHD e i sintomi comuni (impulsività, disregolazione emotiva, abuso di sostanze, bassa autostima, e difficoltà nelle relazioni interpersonali).
Il protocollo prevedeva 13 sessioni di gruppo settimanali da due ore ciascuna:
- Chiarificazione: psicoeducazione sul disturbo e confronto da parte di ogni partecipante dei criteri diagnostici con il proprio vissuto.
- Neurobiologia/Mindfulness I: psicoeducazione sulla natura neurobiologica del disturbo attentivo e prima parte di training mindfulness della Terapia dailettico comportamentale (DBT).
- Mindfulness II: training mindfulness della DBT. Tre skills ‘cosa’: osservare, descrivere e partecipare; tre skills ‘come’: prospettiva non giudicante, focus su un elemento per volta, efficacia.
- Chaos e Controllo: presentazione di tecniche di pianificazione e organizzazione del tempo, e discussione delle stesse nella vita quotidiana.
- Comportamenti disfunzionali/Analisi comportamentale I: definizione dei comportamenti disfunzionali che i pazienti vogliono cambiare, analisi dei comportamenti e strategie di cambiamento.
- Analisi comportamentale II: analisi dei comportamenti e strategie di cambiamento.
- Regolazione emotiva: psicoeducazione alle emozioni, esercizi di analisi emotiva, esercizi di regolazione in accordo con i principi della DBT.
- Depressione/Terapia in ADHD: psicoeducazione alla depressione secondaria al disturbo e strategie di fronteggiamento.
- Controllo degli impulsi: analisi comportamentale (soprattutto riguardo la rabbia), conseguenze negative a breve e a lungo termine, comportamenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi in accordo con la DBT.
- Gestione dello stress: psicoeducazione riguardo lo stress relato alla performace, tecniche di gestione dello stress in accordo con le risorse personali dei pazienti, esercizi di tolleranza dello stress in accordo con la DBT.
- Dipendenza: psicoeducazione sui sintomi delle dipendenze da sostanze e conseguenze negative di comportamenti a rischio; analisi comportamentale con sviluppo di strategie comportamentali alternative.
- ADHD nelle relazioni/Rispetto per sé stessi: discussione della storia dei pazienti per le difficoltà interpersonali incontrate e coinvolgimento di partner e familiari nella condivisione al di fuori del gruppo.
- Sguardo al passato/Previsioni: pianificazione di gruppi di autoaiuto.
Efficacia del trattamento
Le ricerche hanno evidenziato che questo trattamento ha portato ad un miglioramento nelle funzioni esecutive ma non un generale miglioramento della sintomatologia; il dato forse più interessante è che non vi sono stati abbandoni prematuri (drop out) o comportamenti inadeguati durante il percorso, confermando quindi l’efficacia del trattamento all’interno del gruppo terapeutico.
Protocolli CBT per il trattamento del disturbo ADHD
Successivamente, sono stati proposti protocolli CBT per il trattamento del disturbo ADHD. In quello di Safren (2010) gli autori hanno sottoposto pazienti adulti con ADHD a trial clinici randomizzati con controlli periodici (follow-up) di tre, sei e nove mesi dalla fine dei due trattamenti. Erano previsti due trattamenti entrambi composti da 12 sessioni di 50 minuti ciascuna. Il primo trattamento, quello di controllo, consisteva in un training di rilassamento con supporto educativo; il secondo, quello cognitivo consisteva in tre moduli principali e due moduli opzionali:
- Modulo 1 (4 sessioni): psicoeducazione sul disturbo, training in organizzazione e pianificazione del tempo, training di problem solving.
- Modulo 2 (2 sessioni): teneva conto dell’apprendimento di nuove competenze per ridurre la distraibilità.
- Modulo 3 (3 sessioni): ristrutturazione cognitiva che coinvolgeva l’apprendimento di modalità di pensiero più adattive nelle situazioni problematiche.
- Moduli opzionali (3 sessioni): una sessione di applicazione delle competenze per ridurre la procrastinazione e una con il coinvolgimento dei familiari di supporto; l’ultima sessione includeva la revisione del lavoro svolto e interventi di prevenzione delle ricadute.
Miglioramenti a medio lungo termine
I risultati dimostrarono come il trattamento CBT desse esiti migliori rispetto al training di rilassamento, con un mantenimento di questi miglioramenti a medio-lungo termine.
Questo trattamento è stato replicato anche in un campione di studenti del college con ADHD, interessante notare come, nonostante le diversità di età e contesto, i risultati siano stati confermati.
Viene quindi avvalorata l’idea che un intervento di ristrutturazione sia efficace e questa possa aumentare se accompagnato da interventi psico-socio-educativi in accordo con l’età dei pazienti interessati: maggior peso all’intervento CBT e minore a quello socio-educativo in età adulta, e viceversa per gli adolescenti, mentre gli studenti di college beneficiano ugualmente di entrambi gli interventi.
Nuovi approcci psicoterapeutici
Nell’ottica di uno sviluppo di nuovi approcci psicoterapeutici, è di recente interesse l’idea di integrare metodi basati sul comportamento a quelli che indagano le esperienze biografiche soprattutto traumatiche, da tempo importante fattore nella tradizionale psicoanalisi.
In uno studio di Philipsen e collaboratori (2017) si è cercato di investigare l’esistenza di schemi maladattivi in un campione clinico di 80 adulti con diagnosi di ADHD, confrontandoli con un gruppo di controllo di 80 soggetti sani. I partecipanti sono stati valutati rispetto agli schemi maladattivi usando il questionario YSQ-S2 (Young, 2003).
I pazienti con ADHD hanno mostrato un punteggio maggiore rispetto al gruppo di controllo per tutti gli schemi maladattivi, ad eccezione della ‘vulnerabilità al pericolo o alle malattie’. In linea con le aspettative, le esperienze biografiche dei pazienti ADHD più pronunciate erano legate a schemi di ‘fallimento’, ‘inadeguatezza/ vergogna’, ‘sottomissione’ e ‘deprivazione emotiva’.
Schema Therapy
Uno degli studi che cerca maggiormente di integrare aspetti comportamentali e biografici è la Schema Therapy sviluppata da Young e collaboratori (2003).
Essa si basa sull’identificazione e la focalizzazione degli interventi su schemi maladattivi precoci, i quali sono pattern disfunzionali e credenze risultanti da esperienze infantili negative croniche con gli altri che possono interferire nello sviluppo della personalità e persistere fino all’età adulta.
Dato che l’ADHD è un disturbo cronico che solitamente emerge nell’infanzia, sembra ragionevole assumere che fattori biografici posano giocare un ruolo nello sviluppo della psicopatologia del paziente adulto con ADHD.
Dal momento che i sintomi centrali dell’ADHD, inattenzione, iperattività e impulsività, possono essere considerati come tratti con una genesi neurobiologica, piuttosto che biografica, il miglioramento dei sintomi centrali con la Schema Therapy sembra improbabile.
Essa potrebbe invece risultare efficace sui problemi secondari, concentrandosi sulle inefficaci strategie di coping e sulla distorta percezione del sè, risultanti dallo sviluppo di schemi maladattivi acquisiti durante l’infanzia.
Disturbo ADHD ed EMDR
L’ADHD può essere affrontato secondo il modello cognitivo-evoluzionista attraverso l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing di Francine Shapiro, 2001). Tale ottica, che racchiude diverse teorie e ricerche, presuppone che le esperienze di relazione e di attaccamento con i caregivers possano condurre alla manifestazione dei sintomi ADHD. Inoltre l’interazione tra predisposizione genetica, fattori neurobiologici, eventi traumatici ed esperienze di attaccamento potrebbero concorrere nella sintomatologia ADHD.
L’EMDR si configura come un intervento integrato che permetterebbe l’elaborazione dei traumi relazionali precoci (relativi alla storia di attaccamento) e l’elaborazione dei traumi secondari alle manifestazioni dell’ADHD (ad es. frustrazioni scolastiche o sociali subite).
Conclusioni
In sintesi, tutti gli approcci finora presi in considerazione sembrerebbero portare a dei benefici quando associati ad una corretta terapia farmacologica.
Se pensiamo a un continuum dall’infanzia all’età adulta, i trattamenti per il disturbo ADHD possono essere proposti prima a chi si prende cura, o ha in carico, i bambini, con interventi di Parent Training e scolastici, dopo di che, durante l’adolescenza, i trattamenti si riducono a favore di percorsi più individuali, per diventare esclusivamente individuali, o di gruppi di skills training nella prima età adulta e in età adulta.
Per una diagnosi su questi disturbi, contatta il Centro Medico Carugate in Via Bertarini, 22, 20061 Carugate MI. Telefono: 340 322 5040