disturbi alimentari a Carugate

Il cibo, oltre che essere elemento di unione, di piacere, di relazione è anche strumento di comunicazione emozionale, ad esempio, in occasione di un momento importante potremmo preparare un dolce per comunicare il nostro affetto nei confronti di una persona oppure potremmo associare il cibo a un viaggio.

Se il cibo è ricco di connotazioni positive, a volte, però vi sono dei lati negativi che si concretizzano in patologie relative all’alimentazione.

I disturbi alimentari sono inquadrati come categoria diagnostica indipendente all’interno del DSM-5, (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) e possono caratterizzarsi da un’alterazione delle abitudini alimentari, da un consumo o un’assunzione di cibo che danneggiano significativamente la salute fisica e le funzioni psicologiche, da un’eccessiva preoccupazione per il proprio peso corporeo e per le forme del proprio corpo.

Ogni disturbo differisce in maniera sostanziale in merito a insorgenza, decorso clinico e trattamento necessario, nonostante caratteristiche psicologiche e comportamentali comuni.

Alcuni soggetti inquadrati con disturbi correlati all’alimentazione presentano dei sintomi simili a quei soggetti con disturbo da uso di sostanze, come il craving e patterns comportamentali compulsivi da uso di sostanza.

Questo potrebbe voler dire che vengono coinvolti gli stessi schemi neurali implicati nell’autoregolazione o nella ricompensa. Purtroppo, i dati a favore di questa ipotesi non sono ancora sufficienti a sostenere la corrispondenza.

Le patologie comprese nella categoria dei disturbi alimentari sono:

  • Pica, caratterizzato dall’ingestione continua nel tempo di sostanze non nutritive (terra, sabbia, carta, etc.);
  • Mericismo, persistente rigurgito del bolo alimentare per almeno un mese;
  • Disturbo alimentare evitante/restrittivo, si manifesta come un persistente mancato rispetto di adeguate esigenze alimentari e/o energetiche, con un apparente disinteresse per il cibo o un evitamento di alcuni alimenti sulla base di caratteristiche sensoriale;
  • Anoressia nervosa, caratterizzato da digiuno per un tempo prolungato, paura di acquisire peso e percezione distorta del proprio peso e della forma del proprio corpo;
  • Bulimia nervosa, si manifesta con ricorrenti episodi di abbuffate e comportamenti compensatori per evitare l’aumento di peso;
  • Disturbo di alimentazione incontrollata.

Oltre alle precedenti si individuano due categorie residue:

  • Disturbo della nutrizione o della alimentazione specificato: si tratta di casi sottosoglia dell’anoressia, della bulimia, del disturbo da alimentazione incontrollata oltre al disturbo con condotte di eliminazione e sindrome del mangiare di notte.
  • Disturbo della nutrizione o della alimentazione non specificato, ossia un disturbo dell’alimentazione in cui mancano delle informazioni per specificarne le caratteristiche.

L’incidenza in Italia dei disturbi alimentari è riportata sul sito del Ministero della Salute: “i disturbi dell’alimentazione sono più frequenti nella popolazione femminile che in quella maschile: negli studi condotti su popolazioni cliniche, gli uomini rappresentano il 5-10% di tutti i casi di anoressia nervosa, il 10-15% dei casi di bulimia nervosa.


L’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 
8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi.
Per quanto riguarda la 
bulimia nervosa ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini.


Nell’anoressia nervosa
, il tasso di remissione è del 20-30% dopo 2-4 anni dall’esordio, 70-80% dopo 8 o più anni. Nel 10-20% dei casi si sviluppa una condizione cronica che persiste per l’intera vita”.

Nella cultura Egizia e Greca il digiuno non era prolungato come nell’anoressia nervosa ma era legato a rituali e soltanto per brevi periodi.

Nelle antiche religioni orientali e nella religione cristiana è pregnante la presenza del digiuno contro l’edonismo, il materialismo ed era motivato dall’ispirazione all’ascetismo. In particolare, durante il Medio Evo e i primi anni del Rinascimento si riscontra come molte donne, attraverso il digiuno, acquisivano lo stato di santità e consentiva alle donne un ruolo sociale incisivo, come nel caso di Santa Caterina.

Grazie alla rinuncia al mondo, la santa poté sottrarsi al matrimonio e attingere a una formazione culturale che altrimenti le sarebbe stata preclusa.

L’anoressia nervosa fu definita come disturbo soltanto alla fine del XIX secolo (Silverman 1997), invece, solo nel 1979 la bulimia nervosa fu definita come entità diagnostica separata dall’anoressia nervosa.

Non è possibile individuare un singolo fattore responsabile dello sviluppo dei disturbi alimentari ma la comunità scientifica tende a proporre modelli multifattoriali che si rifanno ad una prospettiva bio-psico-sociale che comprendono i fattori predisponenti (socio-culturali, familiari, individuali).

Inoltre, non è possibile identificare un trattamento adeguato a tutte le entità patologiche ma vi sono diversi approcci che sono validi per una tipologia di disturbo e non per un altro oppure che varino per il grado di gravità della patologia.

A tal proposito si può ricorrere da interventi ambulatoriali e ospedalieri a una riabilitazione basata su un percorso di psicoterapia. In merito a quest’ultimo, gli approcci terapeutici in grado di vantare dati sperimentali convincenti ritroviamo quello cognitivo-comportamentale e quello interpersonale per la bulimia nervosa. Invece, per quanto riguarda l’anoressia nervosa, vengono spesso utilizzati approcci integrati nei quali l’aspetto cognitivo comportamentale e interpersonale viene associato a quello propriamente biologico e nutrizionale.

E’ importante ribadire come ogni intervento viene elaborato su misura per ogni patologia, in quanto è importante valutarne la gravità a livello biologico, comportamentale, cognitivo, emotivo, relazionale e familiare.

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